martedì 12 aprile 2016

Seminario




Agalma
Centro Ricerche di Psicoanalisi
Piazza Alimonda, 1/10 – 16123 Genova
IL SEMINARIO DI JACQUES LACAN
IL TRANSFERT
Dal 22 Marzo 2016 a Giugno 2016 - 
Gli incontri si terranno alle ore 18:00 presso UILCA - Piazza di Soziglia, 12/7 – Genova
a cura diSilvano Posillipo, 
Psicoanalista della Scuola Lacaniana e dell’ Associazione Mondiale di Psicoanalisi.
Intervengono
Prof. Piergiorgio Bianchi, partecipante SLP – Dott.ssa Norma Stalla - Prof.Nicola Bucci
INGRESSO LIBERO
Per info: tel. 340 7684489 – 347 2572724
Blog: silvanoposillipo.blogspot.it - ca-parle.blogspot.it / Facebook: Associazione Agalma

Prossimi incontri:
12 Aprile 2016 - 26 Aprile 2016
 




giovedì 20 novembre 2014


Trasparenza: fantasma e materia
di Silvano Posillipo


Il paradosso della trasparenza è nella costruzione di una cinematica idealizzata dotata della virtù di non mostrare altro che l’assenza. Autoreferenziale: la sua essenza è di fondarsi sulla presunta innocenza, della mancanza di macchia, di resto, di scarto. Si chiude sul suo stesso messaggio, permettendo la coincidenza e la sovrapposizione tra colui che invia il messaggio e colui che lo legge per creare un nuovo tipo di soggetto la cui divisione resta occultata dalla messa in evidenza di un tutto visibile e inappellabile. Soggetto mediatico e massificato che non ha l’Altro da interrogare sulla sua singolarità.
Trasparenza quindi come macchina dell’interpretazione escatologica e democraticamente ineccepibile. Anche per questo il “dato”, una volta estratto il concetto stesso di numero, impedisce, con una deduzione a priori, la possibilità di equivoco.
L’astuzia del primo ministro di Poe nel far divenire trasparente alla vista la lettera rubata è oggi modalità costante e reiterata. Dupin, solo, avverte come punto opaco la stessa visibilità manifesta della lettera.
Trasparente deve divenire il soggetto stesso alla pratica del controllo, trasparente all’Altro per l’Altro.
La clinica offre numerosi esempi di tentativi e messe in opera del fantasma della trasparenza: l’anoressica per consentire alla vista la presenza dello scheletro con cui deformare il desiderio alla punta estrema dell’estetica, nel punto esatto dove il godimento del controllo del proprio corpo esercita un potere orrifico su colui che guarda, consegnando l’oggetto causa alla presa del super-io nell’identificazione a quell’osso messo di traverso al desiderio e alla voracità. La trasparenza è qui usata per mostrare all’altro la sua inutile castrazione.
L’ossessivo fantastica, come Freud aveva colto nelle idee infantili di super-visione da parte dei genitori, di poter diventare invisibile: poter commettere il crimine (l’unico vero crimine il parricidio) sottraendosi alla Legge per assenza di un corpo a cui attribuire la colpa. Soluzione invocata per uscire senza rischi dalla sua fortezza alla Vauban, come si esprime Lacan nel quinto Seminario. Senza il corpo allora non vi è crimine, non vi è il godimento manifesto alla domanda dell’Altro, ma furto di visione, del goderne, capovolgendo la vergogna sull’altro. Qui il fantasma di farsi trasparente implica la riduzione a puro sguardo del soggetto davanti all’altro che non sa del suo godimento trattenuto.
Altra trasparenza nell’anima bella dell’isteria nel farsi operatrice, nel prodigarsi per l’altro, del suo essere tutta disponibile, ma saturando la domanda e così rendere impossibile cogliere la mancanza ad avere.
La perversione dà ancora un altro modo di intendere l’uso del fantasma. L’applicazione dello stesso è nel perverso come attrattiva per quell’oggetto che fa causa per l’altro (la virtù, la bellezza, l’ideale, la verità, il bene, la certezza) e per il quale segue la legge; trasgredirla serve per mostrare l’evidenza del contrario: l’unica modalità adatta al corpo, reso trasparente alla volontà, è la legge del godimento, il farsi strumento dell’imperativo.
Del resto lo stesso Freud sceglie Edipo per farne un mito illustrativo. Edipo che per l’appunto non teme l’oracolo di Delfi, ritenendolo esatto - la sua personale storia glielo confermava - e pertanto si sente trasparente all’accusa che grava sulla città di dare asilo all’assassino. Innocente per diritto vuole svelare, mostrare al popolo che non è complice del misfatto e che perseguiterà il reo. Tiresia indica l’altra cecità, quella che risiede nell’inconscio freudiano, per cui non si può calcolare la verità.
Lacan sottraendo la verità alla presa (facendone di conseguenza una causa), supera la dicotomia sapere/verità e approda a una dimensione che si inscrive nell’uomo oltre il linguaggio: il reale.
Per l’uomo attuale questa dicotomia, fulcro della dialettica hegeliana, cerca nella sintesi, nel pensiero unico, la sua esaustione.
E’ interessante osservare come nella certezza scientifica di poter consumare la verità con la tecnologia si annidi l’ideale della metafisica: l’Uno senza l’Altro. Giungere all’Uno, che possa essere sopportato senza colpe e senza la presenza di un dio nei cieli a cui poter attribuire un sapere incognito (l’imperscrutabile volere divino) che introduca un luogo immaginario a S(A/).
Verità, nelle prove scintifiche, come valore assoluto è il modo della scienza di costruire la dimensione del reale: vuole farsi un reale a partire dalla verità, dal proprio linguaggio purificato.
La scienza si presenta quindi come universale, l’universale della normalità, la norma riassunta dalla scienza stessa. Il suo paradigma è di pensare sempre il presente. Oggi si trova in pole position proprio perché la scienza meglio di altro si aggrappa al presente senza storia.
Questo tutto da vedere nella trasparenza dice che ciò che fa ostacolo è un oggetto che si sottrae al concreto, dispone di un altra materia che è significante e non di senso, trasparente alla macchina elettronica come lo era stata alla filosofia. Si tratta di un oggetto che il fantasma mette in scena in connessione con il soggetto dell’inconscio dandone un immagine sopportabile e articolabile: ricordo qui l’angoscia con la madre del piccolo Hans, per il quale c’è un troppo nel disgusto materno e un niente oltre il giallo del suo intimo. Dovrà farsi una scena adeguata per mettere in ordine la differenza tra ciò che la madre desidera e il modo per goderne. Annodare la questione in un sintomo è il contrario della mostrazione di sè, per confermare e riconoscere un sè in un selfie.
La pratica dell’outing suppone infatti un poter dire di sè, di riprodursi in una psicoterapia per essere uguali, nel tutti uguali rispetto al godimento e per distribuirsi , secondo protocollo del padrone, nella categoria del possibile e misurato rapporto sessuale.
E’ forse il tentativo di generare un tempo dello sguardo, sempre ripetuto, dove i feticci conservino il desiderio per un domani in cui non avere nostalgia.


Genova, settembre 2014

venerdì 8 novembre 2013

Melancholia

Melancholia è, nella pellicola del regista Lars Von Trier, il nome di un pianeta in rotta di collisione con la Terra: splendente, luminoso, può anche, forse, ricordare Venere, la stella del mattino, altro pianeta che compare nel cielo dei poeti. Forse anche Saturno, già accostato per via mitologica alla malinconia.
Film ricco di suggestioni e di citazioni, piaciuto in buona misura anche al festival di Cannes, edizione 2011, dove è stato presentato e, dove, per non premiare il regista in vena di battute filo naziste, ha ricevuto la Palma la protagonista femminile Kirsten Dunst.
In effetti due sono le interpreti principali, Kirsten Dunst e Charlotte Gainsbourg nei panni di due sorelle: Justine e Claire. La prima mostra in sé diversi tratti della depressione, la seconda efficiente, adattata in buona misura alla vita borghese che il marito, scienziato per diletto, ma essenzialmente un benestante senza problemi economici, le offre nell’agiatezza, non senza recriminare sulla famiglia di origine della moglie.
La cerimonia e la festa di matrimonio di Justine mostrano senza reticenze lo sfascio vitale del nucleo originario delle due sorelle: madre e padre, nonostante l’evento e il pranzo che ne segue, colgono l’occasione per centrare l’attenzione degli invitati sul fallimento della loro unione, senza tralasciare di rivolgersi le peggiori critiche. Justine, amata dal marito, provvede a distruggere subitamente il nuovo legame con l’uomo tradendolo la sera stessa con un collega e, quasi di seguito, rompe anche il contratto di lavoro insultando pesantemente il principale, nonostante avesse ricevuto dallo stesso una migliore posizione aziendale come regalo di nozze. La seconda parte del film, dedicato a Claire è segnata da due situazioni: le cure dedicate alla sorella, Justine, in pieno marasma psichico e l’avvicinarsi minaccioso e ineluttabile del pianeta Melancholia alla Terra.
Film scelto dalla commissione organizzatrice in preparazione del prossimo congresso dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi che si terrà a Parigi nel 2014 e che avrà come tema il Reale per il XXI secolo. Vediamo allora alcuni dei motivi, tra quelli che ho incontrato nella visione personale del film, che sottolineano il rapporto e l’evidenza della dimensione del reale:
a) la presenza evidente dell’incontro, traumatico e inevitabile con il pianeta ha la consistenza di un elemento che segue un proprio tracciato in modo avulso dal volere umano;
b) questo tragitto è modulato da una linea matematica, calcolabile scientificamente, ha in sé una legge che si può dedurre, scrivere in una forma leggibile, visualizzata nel diagramma che Claire vede attraverso il computer. Lo stesso percorso che il marito segue, prima con la fiducia nella Terra/Uomo di mancare l’incontro, poi nell’angoscia incommensurabile dell’impossibile che ne determina il cammino. La scrittura dell’evento non ne limita, simbolicamente, il percorso: c’è un fuori simbolico che nessuno è in grado di decifrare nella “volontà” di questo incontro decisivo;
c) Von Trier racconta di aver pensato il film a seguito di un periodo depressivo. Forse Justine rappresenterebbe per l’autore il personaggio a cui meglio si identifica, ma non sono del tutto d’accordo perché anche gli altri soggetti in scena dicono qualcosa della posizione soggettiva del regista che si scompone nelle varie forme che appaiono. Justine ha i tratti canonici della depressione: difficoltà e bizzarrie nei legami sociali, astenia alternata a maniacalità; osserva, ammirata e rapita la Cosa il pianeta con indifferenza, al punto di lasciarsi illuminare dalla sua luce nella notte come un sole diverso. Il corpo nudo, che appare in questa luce notturna riflessa, e mostrato da Justine senza pudore dice di come di fronte al reale il livello simbolico della vergogna venga superato, alienato. Justine è l’unica, infatti, che potrà guardare l’arrivo del pianeta, fino al momento del contatto: il reale, non avendo limiti, è devastante essendo l’umano, l’umanità inadattabile al reale in quanto tale. Questione fondamentale per intendere la proposta teorica della psicoanalisi di Lacan. Il trattamento del reale è l’ipotesi clinica che va colta come scommessa di questo secolo, anche in relazione con gli sviluppi della scienza e delle sue applicazioni tecnologiche. La posizione di Von Trier è simmetrica rispetto alla prospettiva evoluzionistica della scienza, che in forma di nuova religione proietta le scoperte della biologia e della fisica verso un disegno di auto divinizzazione.
Il marito di Claire si suicida con i farmaci che la moglie aveva programmato di assumere per evitarsi l’angoscia della fine di sé e del figlio. Atto che mostra il fallimento del controllo del reale e della psiche attraverso la ragione e la ragionevolezza. L’ansia che aumenta per Claire non può essere delimitata dalle rassicurazioni scientifiche, la morte del marito, simile a quella di Giocasta nell’ Edipo Re, serve solo per riaffermare la presenza della Cosa. Diversamente da Sofocle questa morte non si scrive nella vicenda, si designa solo come un dettaglio laterale. In altri termini non vi è racconto, trama che possa essere seguito dal coro, dal popolo, dall’Altro, nemmeno nella forma nel fantasma, nel destino dell’umano nella colpa. Lo scienziato muore nell’impossibile della rassegnazione etica e immoralmente si da la morte come unico atto che possa riuscire. Da notare come questa morte avvenga nell’anonimato e il soggetto non venga evocato dagli altri personaggi, nemmeno il figlio attenderà protezione dal padre; il che lascia pensare a un padre già morto nella vita, nella sessualità del figlio.
Del resto è una costante del film mostrare l’insipienza paterna, l’abbandono del padre delle due sorelle, in scena: ridotto a uomo del piacere non può in nessun caso far da limite al godimento che si introduce attraverso il dileggio, il disprezzo, l’insufficienza dell’autorità, persa seguendo l’essere zimbello del desiderio.
d) le donne: essenza del film, dispongono la trama attraverso la divisione solo apparente nei diversi stili delle due sorelle; Justine è la donna che non sa assumersi il femminile, il suo essere rimane nel rapimento della Cosa, spettatrice della dissipazione del legame e si riduce come soggetto ineluttabilmente a puro sguardo sull’immondo. Il relativismo del suo giudizio non si rivolge al dubbio, all’incertezza di una risposta possibile, ma solo sulla certezza del male. La protagonista del film è stata chiamata da Von Trier con lo stesso nome di un famoso personaggio sadiano, Justine, e ciò, forse, nell'economia del film, serve per poter sottolineare il tratto malinconico che ben si presta a sostenere il destino di sacrificio del soggetto di fronte alla deriva della pulsione di morte.
e) l’omaggio a Bunuel con la citazione dell’Angelo Sterminatore, film in cui i personaggi non riescono ad uscire da una stanza; così, allo stesso modo, le sorelle Justine e Claire, non riescono a superare un ponticello al confine della tenuta in cui vivono: soglia insuperabile della potenza gravitazionale del pianeta in avvicinamento.
f) la scomparsa o meglio, l’inutilità, degli ausili elettronici. Non c’è nel film la soluzione tecnologica, l’apporto tranquillizzante o di pura conoscenza dello strumento scientifico. La stessa Claire usa, per conoscere i movimenti del pianeta, uno strumento fatto di semplice fil di ferro ripiegato. E’ evidente il riferimento a un “senza tempo” della vicenda, un senza l’Altro, assorbito dal godimento della Cosa, difforme dalle sequenze ordinate della vita borghese fratturata dal reale.
Claire, la donna borghese che tiene assieme la famiglia e che lotta fino alla fine per salvare la vita a sé e al proprio figlio può angosciarsi per ciò che perde. Justine, al contrario, viene associata a Ofelia, colei che nell’Amleto non sopporta la perdita, del padre e dell’amato e si abbandona al reale preferendo la morte al lutto.

domenica 27 gennaio 2013





Intervista allo Psicoanalista Silvano Posillipo sul tema dell'anoressia. Libreria Ubik Savona 2012. Filmato e intervista a cura di Gino Russo.

lunedì 5 marzo 2012

La vergogna, la crisi e i modi di godimento (prima parte)

La crisi è "economica" nella misura in cui la si vuole ridurre a fatto monetario, ma non sfugge a nessuno che per prima cosa è crisi etica. Accade che il tenore di vita dell'uomo venga minacciato da una riduzione dei suoi consumi, in molti casi fino all'impoverimento, alla quasi totale impossibilità di accedere alle forme di soddisfazione eccedenti il mero sostentamento. Da un lato, questa riduzione viene avvertita come angosciante, da un altro sorge l'idea che altri abbiano sottratto, per ruberia, truffa o incapacità, quello a cui si deve rinunciare.
La vergogna, in questo caso, è quanto si imputa come mancante al padrone che non ha saputo o potuto esimere l'onesto cittadino dalla miseria. Il buon padrone resta colui che sappia ammistrare la povertà calcolata, il buon governo che commisura le risorse per mantenere inalterato il plus-valore a vantaggio del capitalista per goderne tutti.
Sappiamo come è finito il gioco: il capitalista non solo non ha nessuna buona intenzione, anzi si rammarica che ancora qualcuno tenti di dimostrare l'iniquità della sua impresa.
Oggi il capitale uccide e divora il capitale e non resta che la finanza al posto della produzione. Il prodotto del capitale non è il lavoro su cui esercitare un'esazione di quota redditizia; esso si limita a moltiplicare il denaro per ottenerne ancora. La bocca del capitalismo divora i suoi figli.
Crollato il mito della crescita (seppure la si invochi a panacea di ogni male), si abbattono le credenze: quelle sull'economia politica per prima (gli economisti sono sempre i più sorpresi), la statistica per seconda (anche se si insiste per fare questionari e modelli che puntualmente falliscono), il sapere universitario (regno della disoccupazione che illude con il sapere universale) per terza, lo stato di benessere e lo Stato di diritto (persi per strada, ingoiati dalla frattura dei legami sociali) per quarta.
Caduto verticalmente il Nome-del-Padre, con le ideologie che ne sostenevano il ruolo, cedono i princìpi della massa artificiale. Non c'è da farsene un cruccio, tantomeno mettersi al lavoro per ristabilirne il peso.
E' il rischio autoritario che incarna il desiderio di elevare un padrone per supplire al deficit del capitalismo; il secolo scorso ne è stata una dimostrazione inequivocabile. Da qui una certa inquietudine per il fatto di non potersi appellare al padre fondatore effettivo dell'ideologia: sia tedesca che orientale, laica o religiosa, nazionalistica o globalizzante. Senza bussola, la navigazione è a vista.
Due questioni: come si è persa la bussola e cosa implica questo per il futuro.
Per quanto concerne il futuro, si potrebbe ben dire che è il revenant per eccellenza, in quanto sembrava proprio cancellato dalla "fine del tempo" della società contemporanea. Alla prematura dipartita del tempo ha contribuito di certo la solidità, creduta eterna, delle ideologie forti. Comunismo e fascismo sono concordi nello stabilire a priori la necessità di classi stabilite, leadership necessarie, saperi indiscutibili. Come già visto cento volte nella storia (cambiando i princìpi e i prìncipi) la teoria dell'immutabile (Dio compreso) ha sempre affascinato il popolo: individualmente si è trattato di credere all'immortalità, se non dell'anima almeno di qualcosa, e la si è chiamata di volta in volta tradizione, morale, status, benessere, nazione, territorio, etc. Ovvero ripetizione senza differenza, ripetizione dell'Uno eternato. Il "da sempre per sempre" scava oltre l'essere e il tempo.
Per la bussola (altra scomparsa eccellente), il suo cadavere resta sospeso al cielo di cui non parla l'ottimo Baumann. Se la società è liquida, il suo mare resta innavigabile e la roccia attende chi si avventura tra le onde.
Nell'epoca dell'Altro che non esiste, la bussola del Nome-del-Padre non è più efficace, in quanto i significanti dell'Ideale dell'Io si sono dissolti in favore della cognitività, del comportamentismo assurto al rango di scienza psicologica per l'adattamento dell'uomo/macchina produttiva al discorso della scienza, quindi all'occultamento del soggetto.

venerdì 2 marzo 2012

Petizione internazionale a favore dell'approccio clinico dell'autismo

Su iniziativa dell’Institut Psychanalytique de L’Enfant

(Università Popolare Jacques Lacan)
Le associazioni,
I Professionisti implicati nell’accoglienza, la cura e l’accompagnamento dei soggetti autisti,
I Genitori i cui bambini sono accolti in strutture mediche o medico-sociali,
I cittadini interessati, francesi e non, firmatari di questa petizione,
- domandano che la psicoanalisi, le sue ricerche e i suoi praticanti, cessino di essere diffamati con affermazioni che mirano a screditarli;
- auspicano che i poteri pubblici prendano in considerazione la legittima preoccupazione delle famiglie, senza dimenticare tuttavia il lavoro che, da decenni, le equipes di professionisti con bambini e adulti autisti compiono nel quadro dei settori di psichiatria, delle consultazioni private, delle istituzioni medico-sociali. Questo lavoro beneficia, in numerosissimi casi, della formazione psicoanalitica di coloro che vi intervengono,
- auspicano che l’inquietudine delle famiglie non sia sfruttata per designare dei capri espiatori, né denigrare dei professionisti ingaggiati a promuovere le istituzioni e le pratiche che garantiscono che il bambino e la sua famiglia saranno rispettati nei loro momenti soggettivi,
- considerano che in Francia, la rappresentanza nazionale, nella sua saggezza, eviterà di pronunciarsi su un problema di salute pubblica che, ben lungi dall’essere trascurato, è da tempo preso in considerazione,
- fanno appello a che sia messo in atto un piano capace di assicurare i mezzi umani e strutturali necessari al proseguimento delle cure e dell’accompagnamento educativo richiesti dalla situazione singolare di ogni bambino e adulto sofferente di autismo.